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Il sangue dal naso è un’esperienza che di fatto ognuno di noi almeno una volta nella vita ha vissuto. L’evento nell’immaginario comune è visto come qualcosa di tragico che spesso conduce nel panico più totale il paziente. Questo forse è dovuto al retaggio culturale o all’inconscia associazione, o meglio vicinanza, del naso con il cervello: quindi l’epistassi è vista come una grave patologia, un’emergenza che pone a rischio l’incolumità di chi la subisce.

Per fortuna non è così, nella maggioranza dei casi il sanguinamento dal naso è dovuto al cedimento di piccoli vasi venosi localizzati nella porzione più anteriore del setto nasale, quella che spesso raggiungiamo con le dita, definita “locus Valsalvae”. Questo reticolo venoso ha la funzione di creare degli scambi di temperatura e umidità che il naso svolge per “climatizzare” l’aria inspirata, e per svolgere le sue funzioni di termostato delle quali già abbiamo parlato nei precedenti numeri di questo giornale. Ma proprio perché questi vasi sono molto vicini all’ambiente esterno, quindi all’attrito dell’aria che passa, alle brusche variazioni di temperatura o ai traumi diretti creati dallo stesso paziente, essi stessi spesso sanguinano.

Locus Valsalvae

Il periodo estivo è caratterizzato da un piccolo di incidenza di tali eventi emorragici, il tutto è dovuto alla vasodilatazione secondaria alle alte temperature della stagione.

Sia che si tratti di un bambino o che si tratti di un adulto la gestione dell’epistassi anteriore è praticamente la stessa. In questo articolo vorrei rendermi “utile” indicando quali sono le manovre immediate necessarie al controllo ottimale dell’epistassi, spesso senza ulteriori conseguenze.

Abbiamo letto e abbiamo appreso di di tutto dalla tradizione popolare su come trattare un episodio di sangue dal naso: il ghiaccio dietro il collo, la pezza bagnata sulla fronte, i polsi sotto l’acqua corrente, il chiavistello dietro al collo, sino ad arrivare a riti tramandati dalla tradizione atti a scongiurare un maleficio od una iattura.

Tutte queste procedure, anche se ricche di folklorismo, risultano inutili all’obiettivo di arrestare la fuoriuscita di sangue dal naso.

Ecco la procedura corretta.

  1. soffiare bene e forte del naso. È infatti inutile assistere ad un lento gocciolamento nella speranza che il sanguinamento si fermi. Esso è in atto, se non liberiamo il naso rischiamo di far formare un coagulo nella narice che da solo continuerà sanguinare e che impegnerà la cavità nasale senza darci la possibilità di poter introdurre un tampone.
  2. Non portare la testa all’indietro. È una manovra praticamente inutile, essa contribuisce solamente a far deglutire paziente grandi quantità di sangue con il rischio di avere successivamente vomito e di non poter verificare quanto sangue effettivamente si sia perso.
  3. Dopo aver soffiato il naso introdurre dell’ovatta con acqua ossigenata nella narice sanguinante e comprimerla per circa 3-5 minuti.  L’area nasale che deve essere compressa è quella molle, per intenderci quella più prossimale alla punta. E lì che il naso e comprimibile tra le dita. In tal modo si aumenta l’efficacia del tampone che, compresso contro il vaso sanguinante e chiuso tra le dita, farà la sua emostasi.
  4. Una volta verificato l’arresto dell’epistassi lasciare il tampone per qualche ora nella narice per poi successivamente rimuoverlo.

Le semplici manovre appena elencate, in più dell’80% dei casi, sono sufficienti al controllo ottimale della fuoriuscita di sangue dal naso. Nel caso dovessero verificarsi recidive dell’epistassi o un sanguinamento abbondante non controllabile con le procedure sopra elencate e opportuno recarsi in visita specialistica otorinolaringoiatrica.

L’esame indispensabile per la valutazione del paziente affetto da epistassi recidivanti è lo studio endoscopico che permette la particolareggiata ed attenta valutazione delle cavità nasali e dei vasi eventualmente responsabili del sanguinamento.

Una volta controllato l’evento acuto, il paziente potrà praticare una terapia topica con l’utilizzo di pomate atte a favorire la cicatrizzazione del vaso lesionato.

Di particolare interesse e meritevole di attenzione sono le epistassi monolaterali e violente nell’adolescente e nell’anziano, soprattutto se quest’ultimo lavoratore del legno. Nel primo caso potrebbe trattarsi di una neoplasia benigna ma molto vascolarizzata, tipico dell’età adolescenziale, definita angiofibroma del rinofaringe; nel secondo caso di una neoplasia, tipica dei lavoratori del legno, definita adenocarcinoma delle cavità nasali.

Anche in questo caso è dirimente l’endoscopia nasale, seguita da accertamenti radiologici quali la TC e la e risonanza magnetica nucleare.